Mediazione: sanzionata la parte che non va oltre il primo incontro nella mediazione demandata

Con Ordinanza del 23.04.2016 del Tribunale di Vasto – Giudice Dott. Pasquale Fabrizio, è stata sanzionata la parte convenuta che, in un procedimento di mediazione demandata dal Giudice, ha rifiutato di proseguire la mediazione oltre il primo incontro.

Nella spiegata Ordinanza, l’On. Giudicante opera un chiarimento interpretativo “sull’individuazione dell’esatto ambito applicativo dell’art. 8, comma 4 bis, D. Lgs. n. 28/10, precisando che le conseguenze, anche di natura sanzionatoria, previste dalla citata norma non scattano soltanto nel caso di assenza ingiustificata della parte al primo incontro di mediazione, ma operano anche nel distinto ed ulteriore caso in cui la parte presente al primo incontro, esprimendosi negativamente sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione, non espliciti le ragioni di tale diniego ovvero adduca motivazioni ingiustificate“.

Prosegue il Giudice Pasquale, specificando nell’ordinanza come “Muovendo, dunque, dal principio per cui sono da considerarsi illegittime tutte quelle condotte contrarie alla ratio legis della mediazione e poste in essere dalle parti al solo scopo di eludere il dettato normativo, e facendo specifico riferimento alle determinazioni assunte dalle parti al termine del primo incontro, deve concludersi che, quando il rifiuto ingiustificato di dare seguito al procedimento di mediazione viene opposto dalla parte attrice/istante in mediazione, la condizione di procedibilità di cui all’art. 5, D. Lgs. n. 28/10 non può considerarsi soddisfatta“.

Relativamente poi all’individuazione delle ipotesi in cui può ritenersi integrato il giustificato motivo per la prosecuzione del tentativo di mediazione, viene specificato che “Occorre, peraltro, precisare che – ai fini dell’adozione dei provvedimenti innanzi richiamati – il rifiuto deve considerarsi non giustificato sia nel caso di mancanza di qualsiasi dichiarazione della parte sulla ragione del diniego a proseguire il procedimento di mediazione, sia nell’ipotesi in cui la parte deduca motivazioni inconsistenti o non pertinenti rispetto al merito della controversia“.

In sintesi i principi che si ricavano spiegata ordinanza sono i seguenti:

1) La condanna alla sanzione pecuniaria scatta anche quando una o entrambe le parti, al primo incontro, rifiutano di procedere nella fase di mediazione effettiva.

2) Quando il rifiuto è formulato dalla parte istante, ne può conseguire la più drastica conseguenza della improcedibilità della domanda.

3) Il mediatore ha l’obbligo di sollecitare la parte ad esplicitare le ragioni del proprio dissenso e, in ogni caso, di indicare a verbale se la parte si oppone alla verbalizzazione dei motivi del rifiuto.

Di seguito il Testo integrale dell’Ordinanza.

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Mediazione: le spese di avvio sono dovute (Consiglio di stato, ordinanza del 22 aprile 2015).

Il Consiglio di Stato, con ordinanza del 22 aprile 2015, ha accolto la richiesta di sospensiva della sentenza del TAR Lazio del 23 gennaio 2015 n. 1351 la quale aveva dichiarato non dovute le spese di avvio:

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso in appello nr. 2156 del 2015, proposto dal MINISTERO DELLA GIUSTIZIA e dal MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12,

contro

l’UNIONE NAZIONALE DELLE CAMERE CIVILI (UNCC), in persona del legale rappresentante pro tempore,rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio De Notaristefani di Vastogirardi e Francesco Storace, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Crescenzio, 20,
e con l’intervento di ad adiuvandum:
– signori Roberto NICODEMI, Maria AGNINO, Antonio D’AGOSTINO, Alessandra GULLO, Gemma SURACI, Monica MAZZENGA, Gabriella SANTINI, Laura NICOLAMARIA, Nicola PRIMERANO, Luigi RAPISARDA, Elisabetta ZENONI, Alessandra TOMBOLINI, Sabina MARONCELLI, Stefano AGAMENNONE, Silvia MONTANI, Elena ZAFFINO, Elisabetta Carla PICCIONI, Luciano CAPOGROSSI GUARNA, Giuliana SCROCCA, Maurizio FERRI, Matilde ABIGNENTE, Guido CARDELLI, Marco Fabio LEPPO, Alessandra ROMANINI, Claudio DRAGONE, Roberta D’UBALDO, Corrado DE MARTINI, Arnaldo Maria MANFREDI, Eugenio GAGLIANO, Fabio CAIAFFA e Daniela BERTES, rappresentati e difesi dall’avv. Gemma Suraci, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, via degli Scipioni, 237,
– ASSOCIAZIONE PRIMAVERA FORENSE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Marco Benucci, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via corso d’Italia, 29;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del Lazio nr. 1351/2015, notificata in data 5 marzo 2015.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’art. 98 cod. proc. amm.;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Unione Nazionale delle Camere Civili (UNCC) e gli atti di intervento dei soggetti in epigrafe indicati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale di parziale accoglimento del ricorso di primo grado, presentata in via incidentale dalla parte appellante;
Relatore, alla camera di consiglio del giorno 21 aprile 2015, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi gli avv.ti Storace e De Notaristefani per la appellata, l’avv. Suraci e l’avv. Benucci per gli intervenienti ad adiuvandum e l’avv. dello Stato De Carlo per le Amministrazioni appellanti;

Ritenuto, quanto al profilo della legittimazione processuale della ricorrente in primo grado, che l’indicazione di quest’ultima nell’epigrafe della sentenza impugnata è frutto di evidente fraintendimento, essendo fuori discussione il carattere nazionale (e non meramente locale), e conseguentemente la rappresentatività, dell’associazione che ha proposto il ricorso introduttivo del giudizio;
Ritenuto, nei limiti della sommaria delibazione propria della fase cautelare, che l’appello risulta assistito da sufficiente fumusnella parte in cui censura l’integrale annullamento dei commi 2 e 9 dell’art. 16 del d.m. 18 ottobre 2010, nr. 180, atteso che:
– l’uso del termine “compenso” nel comma 5-ter dell’art. 17 del d.lgs. 4 marzo 2010, nr. 28 (introdotto dalla “novella” del 2013), è manifestamente generico e improprio, non trovando detta terminologia riscontro in alcuna altra parte della normativa primaria e secondaria de qua, nella quale si parla invece di “indennità di mediazione”, che a sua volta si compone di “spese di avvio” e “spesedi mediazione” (art. 16, d.lgs. nr. 28/2010);
– ciò premesso, nulla quaestio essendovi per le spese di mediazione, nelle quali è ricompreso “anche l’onorario del mediatore per l’intero procedimento di mediazione” (art. 16, comma 10), il problema si pone per le spese di avvio, le quali in virtù del decisum qui contestato sarebbero anch’esse del tutto non dovute per il primo incontro di cui all’art. 8, comma 1, del medesimo d.lgs. nr. 28/2010;
– quanto alle spese di avvio – le quali a tenore del censurato comma 2 dell’art. 16 comprendono, a loro volta, da un lato le “spese vive documentate” e dall’altro le spese generali sostenute dall’organismo di mediazione – queste ad avviso della Sezione effettivamente non appaiono prima facie riconducibili alla nozione di “compenso” di cui alla disposizione di fonte primaria dianzi citata;
– quanto sopra, in particolare, è di palmare evidenza quanto alle spese vive documentate, ma vale anche per le residue spesedi avvio, che sono quantificate in misura forfettaria e configurate quale onere connesso all’accesso a un servizio obbligatorioex lege per tutti i consociati che intendano accedere alla giustizia in determinate materie, come confermato dal riconoscimento in capo alle parti, ex art. 20 del d.lgs. nr. 28/2010, di un credito di imposta commisurato all’entità della somma versata e dovuto – ancorché in misura ridotta – anche in caso di esito negativo del procedimento di mediazione (e, quindi, anche in ipotesi di esito negativo del primo incontro per il quale le spese di avvio sono dovute);
Ritenuto, pertanto, che l’istanza cautelare è meritevole di accoglimento limitatamente all’esclusione del rimborso delle spese d iavvio, le quali per le ragioni dette non sono riconducibili al concetto di “compenso” ex art. 17, comma 5-ter, d.lgs. nr. 28/2010, potendo invece essere devoluta alla sede del merito la trattazione di tutti i residui profili oggetto di causa (ivi comprese le questioni di legittimità costituzionale riproposte dall’originaria ricorrente con l’appello incidentale);

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) accoglie in parte l’istanza cautelare (Ricorso numero: 2156/2015) e la respinge per il resto, e, per l’effetto, sospende l’esecutività della sentenza impugnata nei limiti di cui in motivazione.
Tenuto conto della complessità e della novità delle questioni esaminate, compensa tra le parti le spese della presente fase del giudizio d’appello.
La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Importante sentenza del Tribunale di Vasto – Giudice Dott. Fabrizio Pasquale

Il Tribunale di Vasto, in persona del Giudice Dott. Fabrizio Pasquale, si è pronunciato con un’importante sentenza del 09 Marzo 2015  in tema di mediazione c.d. delegata ex art. 5 comma 2 D.Lgs. 28/2010, e mediazione c.d. obbligatoria da svolgersi prima del giudizio ex art. 5 comma 1 bis D.Lgs. 28/2010. Nello specifico, il Giudice di merito ha ritenuto come, per considerarsi avverata la condizione di procedibilità, sia necessaria la presenza personale delle parti ed effettuato un “serio tentativo di risolvere il conflitto”, non essendo a tal fine sufficiente la mera presenza dei difensori delle parti.

Testo Integrale della sentenza.

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Nota informativa per l’utenza

La Sentenza del TAR Lazio n. 01351/2015, nel confermare la legittimità del nuovo modello di mediazione civile e commerciale, ha censurato la previsione normativa‎ che contempla il pagamento delle spese di avvio del procedimento di 40,00 Euro, oltre IVA (art. 16, commi 2 e 9, del d.m. 180/2010), ravvisandone l’incompatibilità con l’art. 17, comma 5-ter, d.lgs. 28/2010, secondo cui, al primo incontro, nessun “compenso” è dovuto all’Organismo di mediazione in caso di mancato accordo.

Con riferimento a tale provvedimento ed alle comunicazioni successivamente pervenute dal Ministero della Giustizia, si rende noto all’utenza che le spese richieste da MCM Mediazione al momento del deposito della domanda di attivazione di una procedura di mediazione, e/o di adesione alla stessa procedura, non costituiscono alcun “compenso”, nè per l’organismo, né per il mediatore.

Tali spese sono finalizzate a coprire i costi di gestione amministrativa delle mediazioni quali:

  1. I costi per la predisposizione e spedizione delle comunicazioni alle controparti;
  2. I costi per la copia e lo scambio della documentazione allegata dalle parti;
  3. I costi per il rilascio e la spedizione dei verbali;
  4. I costi per la gestione di eventuali rinvii richiesti dalle parti;
  5. I costi per l’eventuale svolgimento del primo incontro on-line;
  6. I costi del personale amministrativo.

Pertanto, al fine di continuare ad erogare lo stesso servizio sopra menzionato, come disciplinato dal nostro Regolamento, il sottoscritto Organismo continuerà a richiedere un rimborso per “spese amministrative di segreteria” e “spese di notifica”, comunque quantificato nell’importo forfettario di:

  • Le spese amministrative di segreteria sono di euro 48,80 (40 + iva): tali spese sono dovute sia per le parti attivanti che per le parti aderenti al primo incontro di mediazione.
  • Le spese di notifica sono di € 7,50 per il servizio di notifica con raccomandata con ricevuta di ritorno, per ogni parte convocata: tali spese sono dovute dalla parte istante, ovvero dalla parte convenuta che intenda chiamare terzi in mediazione.

Ove le medesime parti intendano provvedere autonomamente alle attività di cui ai summenzionati punti 1. e 2., dovranno farne espressa richiesta all’Organismo al momento della presentazione della domanda di mediazione e/o del relativo atto di adesione. In tal caso le spese di notifica non saranno dovute, ferme restando le spese amministrative di segreteria per la gestione delle attività indicate nei punti 3. 4. e 5. .

Ogni ulteriore “spesa di mediazione” e/o “compenso” sarà comunque dovuto solo in caso di prosecuzione della mediazione oltre il primo incontro o in caso di conclusione dell’accordo di conciliazione in sede di primo incontro.

Pescara 02/02/2015

La Segreteria dell’Organismo

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Ordinanza del Tribunale di Firenze – II Sezione Civile: Mediazione civile obbligatoria e patrocinio a spese dello Stato.

Importante ordinanza del Tribunale di Firenze – Giudice dott.ssa Luciana Breggia – del 13.01.2015, che ha riconosciuto il diritto della parte ad essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato anche per l’assistenza nel procedimento di mediazione quando quest’ultimo è previsto come obbligatorio.

Secondo l’opinione del giudice toscano, la parte assistita dall’avvocato che all’esito della mediazione obbligatoria risolve la lite mediante l’accordo ha diritto ad essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato (qualora ne sussistano i requisiti di reddito).

Scarica il Testo Integrale dell’ordinanza.

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Pronunce del Tribunale di Roma in tema di ADR.

Due recenti pronunce del Tribunale di Roma – Giudice Dott. Massimo Moriconi – sull’utilizzo degli strumenti di ADR della proposta del giudice ex art. 185 bis e della mediazione delegata.

Sentenza Tribunale di Roma Sez. XIII° 30 Ottobre 2014

Gli effetti della mancata partecipazione del convenuto ritualmente convocato al procedimento di mediazione ed attivato dall’attore su disposizione del giudice. Gli argomenti di prova ex art. 116 c.p.c. e le conseguenze sanzionatorie derivanti dalla mancata giustificata partecipazione.    Scarica il  Testo Integrale

Sentenza Tribunale di Roma Sez. XIII° 30 Ottobre 2014

Il rifiuto immotivato di accettazione della proposta del giudice ex art. 185bis costituisce motivo di condanna alle spese ex art. 96 comma III c.p.c.. Scarica il Testo Integrale

 

 

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Nuove disposizioni per i mediatori nel Codice Deontologico Forense

Dopo le previsioni del DM 139/2014 anche il nuovo Codice Deontologico Forense, pubblicato in Gazzetta Ufficiale e che entrerà in vigore dal 16 Dicembre 2014, prevede ipotesi di incompatibilità per i mediatori avvocati.

Di seguito gli articoli di riferimento.

Art. 53. Rapporti con i magistrati

1. I rapporti con i magistrati devono essere improntati a dignità e a reciproco rispetto.
2. L’avvocato, salvo casi particolari, non deve interloquire con il giudice in merito al procedimento in corso senza la presenza del collega avversario.
3. L’avvocato chiamato a svolgere funzioni di magistrato onorario deve rispettare tutti gli obblighi inerenti a tali funzioni e le norme sulle incompatibilità.
4. L’avvocato non deve approfittare di rapporti di amicizia, familiarità o confidenza con i magistrati per ottenere o richiedere favori e preferenze, ne’ ostentare l’esistenza di tali rapporti.
5. L’avvocato componente del Consiglio dell’Ordine non deve accettare incarichi giudiziari da parte dei magistrati del circondario, fatta eccezione per le nomine a difensore d’ufficio.
6. La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 54. Rapporti con arbitri, conciliatori, mediatori, periti e consulenti tecnici

1. I divieti e doveri di cui all’art. 53, commi 1, 2 e 4, si applicano anche ai rapporti dell’avvocato con arbitri, conciliatori, mediatori, periti, consulenti tecnici d’ufficio e della controparte.
2. La violazione dei divieti e doveri di cui al presente articolo comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 62. Mediazione

1. L’avvocato che svolga la funzione di mediatore deve rispettare gli obblighi dettati dalla normativa in materia e le previsioni del regolamento dell’organismo di mediazione, nei limiti in cui queste ultime previsioni non contrastino con quelle del presente codice.
2. L’avvocato non deve assumere la funzione di mediatore in difetto di adeguata competenza.
3. Non deve assumere la funzione di mediatore l’avvocato:
a) che abbia in corso o abbia avuto negli ultimi due anni rapporti professionali con una delle parti;
b) se una delle parti sia assistita o sia stata assistita negli ultimi due anni da professionista di lui socio o con lui associato ovvero che eserciti negli stessi locali. In ogni caso costituisce condizione ostativa all’ assunzione dell’incarico di mediatore la ricorrenza di una delle ipotesi di ricusazione degli arbitri previste dal codice di rito.
4. L’avvocato che ha svolto l’incarico di mediatore non deve intrattenere rapporti professionali con una delle parti:
a) se non siano decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento;
b) se l’oggetto dell’attività non sia diverso da quello del procedimento stesso.
Il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino negli stessi locali.
5. L’avvocato non deve consentire che l’organismo di mediazione abbia sede, a qualsiasi titolo, o svolga attività presso il suo studio o che quest’ultimo abbia sede presso l’organismo di mediazione.
6. La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 1 e 2 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura; la violazione dei divieti di cui ai commi 3, 4 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.

 

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Mediazione: oggi entra in vigore il DM 139/2014 (correttivo del DM 180)

Oggi entra in vigore il DM 139/14, correttivo del DM 180 e riguardante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione nonchè sull’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo n. 28 del 2010.

Di grande interesse è la previsione dell’art. 6, che introduce l’art. 14 bis n.1, per cui i mediatori non potranno rappresentare le parti negli organismi in cui sono iscritti. Il divieto si estende ai professionisti soci, associati, ovvero che esercitino negli stessi locali.

La previsione appare particolarmente importante per gli Organismi Forensi.

qui il testo completo de DM 139/2014:

http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2014-09-23&atto.codiceRedazionale=14G00150&elenco30giorni=true

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Utilizzabile in giudizio la CTU prodotta in mediazione

RG. n. 78493-12

dott. Massimo Moriconi,

TRIBUNALE di ROMA SEZIONE XIII° O R D I N A N Z A

letti gli atti e le istanze delle parti, osserva:

-1-

Non si ritiene sussistente la lamentata nullità della citazione per indeterminatezza della causa petendi e dell’oggetto della domanda.

Interpretando complessivamente, come doveroso, gli atti dell’attrice e non solo la citazione, si può affermare che la stessa addebita in modo intellegibile al nosocomio e al medico operante convenuti che :

doveva essere operata per endometriosi del setto retto vaginale consistente in asportazione di cisti nella cavità uterina; e che tale intervento veniva eseguito malamente e nel corso dello stesso subiva la non richiesta e non informata asportazione dell’utero con quanto di negativo ne conseguiva (sterilità).

Nonché tutti i problemi e ricoveri successivi.

-2-

E’ stata svolto prima della introduzione del presente giudizio un procedimento di mediazione (obbligatoria) alla quale ha partecipato, come unico convocato, l’attuale convenuto nosocomio.

Non sono stati infatti chiamati in mediazione in quella occasione né il medico successivamente citato in giudizio né, ovviamente (trattandosi di chiamata di terzo improvvidamente non disciplinata dalle norme che disciplinano il procedimento di mediazione), la sua assicurazione, attuale terza chiamata in causa.

Nel corso del procedimento di mediazione, sull’accordo delle parti, il mediatore ha nominato un consulente tecnico che ha depositato all’esito degli accertamenti concordemente demandatigli e svolti, una relazione peritale (intitolata parere specialistico ginecologico pro-veritate)

L’elaborato è stato prodotto al n.19 dei documenti di parte attrice.

Tutti le altre parti (convenuti e terza chiamata) hanno contestato la ammissibilità di tale produzione, il medico convenuto e la sua assicurazione anche per non essere stati parti nel procedimento di mediazione e di conseguenza per non aver potuto contraddire e nominare consulenti di parte.

La attenta difesa del nosocomio ha svolto una approfondita contestazione in merito alla produzione della relazione del perito nominato dal mediatore (ipotizzando anche profili di responsabilità deontologica a carico dell’avvocato della parte attrice derivante da tale ritenuta arbitraria produzione).

In particolare la difesa del nosocomio ha evidenziato tre punti di possibile collisione fra la produzione della relazione del consulente nonché la sua eventuale ammissione ed utilizzo in giudizio e la struttura e gli sbarramenti del procedimento di mediazione di cui al decreto legislativo 28/2010.

La produzione violerebbe la disposizione del comma primo dell’art.10 del decr.lgs.28/10 sulla inutilizzabilità nella causa delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione.

La produzione inoltre si scontrerebbe con le prescrizioni dell’ art. 9 (che impone a chiunque operi nell’ambito del procedimento di mediazione l’obbligo di riservatezza) e del comma secondo dell’art.10 del cit.decreto.

Infine a presidiare il principio della riservatezza che ispira tutto il procedimento di mediazione si porrebbe il disposto del secondo comma dell’art.10 del cit.decreto.

Ha altresì dichiarato, così come hanno fatto le altre controparti, l’assoluto diniego alla produzione di atti provenienti dal procedimento di mediazione (ed in particolare dell’elaborato dell’esperto), di cui è stato richiesto lo stralcio.

Va considerato che la possibilità della nomina di un consulente tecnico esterno ed estraneo ai soggetti ordinari che sono presenti nel procedimento di mediazione (mediatore, parti e loro rappresentanti) è, nel relativo sistema normativo, per così dire, residuale.

Ciò si ricava a contrariis dalla disposizione dell’art. 8 del decr.lgs. 28/10 4

Nonché dalla successiva disposizione che prevede la possibilità della nomina di un consulente tecnico esterno solo laddove siano assenti o carenti non solo nel mediatore titolare ma anche in quello eventuale, ausiliario, le competenze tecniche specifiche e necessarie per il caso oggetto del procedimento.

Occorre interrogarsi, e la presente causa offre l’occasione per farlo, in mancanza di precedenti giurisprudenziali, su quali siano le possibilità di utilizzo e le utilità derivanti dalla nomina di un consulente tecnico esterno alla procedura di mediazione, sia all’interno della stessa e sia nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione.

Il tutto ponendo mente, oltre alle norme supra richiamate, al principio di riservatezza che ispira la procedura di mediazione di cui all’art.3 del decr.lgs.28/10.

Tale principio trova la sua scaturigine e ragion d’essere nella necessità di favorire quanto più possibile l’instaurazione fra le parti presenti nel procedimento di mediazione, di un clima di libero, leale e sincero confronto e discussione, nelle sessioni congiunte e in quelle separate con il mediatore, tale che consenta ad ognuna di esse di aprirsi senza remore e timori, esponendo fino in fondo il rispettivo punto di vista, con le relative aspettative e richieste, con ciò che vi è in esse di rinunciabile ed al contrario di indefettibile.

Disponibilità d’animo e di volontà sicuramente propiziate ed agevolate dalla consapevolezza della non utilizzabilità (altrove) senza il suo consenso, delle dichiarazioni che la parte abbia fatto.

Naturalmente se tale cogente e logica prescrizione normativa non fosse stata accompagnata dall’altra, contenente il divieto rivolto a chiunque partecipi al procedimento di mediazione, di propalare altrove e precipuamente nella causa alla quale pertiene la mediazione, quand’anche sotto invito di testimonianza, le dichiarazioni del dichiarante che non lo desideri e lo consenta, la prima cautela avrebbe rischiato di rimanere vana e di debole efficacia.

Non si può e non si deve, però, neppure enfatizzare oltre ogni limite il principio della riservatezza, rischiando di andare oltre quello che il legislatore ha stabilito.

Riservatezza ad ogni costo e sempre non significa infatti agevolare con sicurezza il successo della mediazione ed il raggiungimento dell’accordo.

E’ sufficiente evidenziare, per dimostrarlo, che le parti in mediazione possono essere tentate, per il timore della sua circoscritta utilità, di rifiutarsi (e sicuramente ciò accade di frequente) di acconsentire alla nomina, da parte del mediatore, di un esperto anche quando l’ausilio di un tecnico specializzato nella materia potrebbe chiarire aspetti fondamentali, perché dubbi, della situazione in conflitto.

Si pensi all’accertamento, a mezzo di una consulenza medica, dei danni alla persona in presenza di una domanda di risarcimento a seguito di un qualsiasi evento (RCA, responsabilità medico-sanitaria e via dicendo).

In questi casi farsi carico della spesa non irrisoria per il compenso da attribuire all’esperto in mediazione potrebbe apparire inappropriato e non conveniente proprio per la prospettiva di non poter produrre la relazione dell’esperto nella causa ch e potrà seguire al mancato raggiungimento dell’accordo.

Ritiene il giudice, alla luce delle precedenti considerazioni ed in un’ottica di equilibrato contemperamento fra l’esigenza, nei limiti in cui è normata, di riservatezza che ispira il procedimento di mediazione e quella di economicità e utilità delle attività che si compiono nel corso ed all’interno di tale procedimento, di poter dichiarare legittima ed ammissibile la produzione nella causa alla quale pertiene la mediazione, dell’elaborato del consulente tecnico esterno.

Limitatamente, ove occorra rilevarlo, agli aspetti ed ai contenuti che siano strettamente corrispondenti al compito accertativo che gli sia stato affidato.

Il consulente, nel perimetro di ciò che le parti attraverso il mediatore, gli hanno demandato di accertare, esegue e svolge il suo incarico redigendo una relazione.

Quale sia esattamente l’attività espletabile dal consulente tecnico nella mediazione è agevolmente predicabile facendo riferimento a quanto lo stesso consulente, in quel caso nominato dal giudice, può effettuare nella causa, nell’adempimento dell’incarico.

Si ritiene, dalla giurisprudenza (e con riferimento all’ambito giudiziario) che vi siano due tipi di consulenza tecnica.

Quella c.d. percipiente, che ha natura di fonte di acquisizione della prova in quanto con essa il consulente acquisisce elementi e dati che precedentemente non facevano parte di specifiche doti e conoscenze tecniche ovvero di mezzi e di apparecchiature particolari non a disposizione del giudice.

La consulenza c.d. deducente, invece, è quella che ha per oggetto la valutazione di fatti, elementi e cose già presenti ed acquisiti al patrimonio istruttorio della causa.

Trasferiti, come è agevole e possibile, tali concetti nel procedimento di mediazione , si può desumere l’assenza di impedimenti giuridici all’utilizzo della relazione peritale al di fuori della mediazione e specificamente nella causa che può seguire (o proseguire), così come l’assenza di qualsiasi reale contrasto con le norme e la disciplina legale di tale istituto.

Invero i divieti previsti dalla legge come supra ricordati hanno per oggetto esclusivamente le dichiarazioni delle parti (di cui le informazioni – di cui pleonasticamente parla la legge- sono solo uno dei possibili contenuti).

Viceversa l’attività del consulente in mediazione, all’esito degli accertamenti che compie (che non potranno consistere nel raccogliere e riportare dichiarazioni delle parti o informazioni provenienti dalle stesse, perché questo non è un suo compito e non rientra fra le attività che deve espletare, come del resto è previsto espressamente nell’ambito della causa dove la possibilità di acquisire informazioni dalle parti da par te del C.T.U. è subordinato ad espressa autorizzazione del giudice, cfr.194 cpc), si estrinseca (ed esaurisce) nella motivata esposizione dei risultati dei suoi accertamenti tecnico-specialistici.

Nessuna norma del decreto legislativo 28/2010 fa divieto dell’utilizzo nella causa della relazione dell’esperto, fermo restando il generale obbligo di riservatezza anche del consulente, come di tutti gli altri soggetti che intervengono nel procedimento.

Una esplicita conferma di quanto precede si ricava dall’ultima parte dell’art. 10 primo comma decr.cit. che fa salvo il consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni.

Così confermandosi che il consenso per l’utilizzazione in ambito diverso dal procedimento di mediazione all’interno del quale (le dichiarazioni) sono emerse è necessario solo per le dichiarazioni delle parti.

Un ultima considerazione riguarda un presunto divieto derivante dal generale principio di riservatezza che ispira il procedimento di mediazione.

Si tratta, a ben vedere, di un’affermazione che prova troppo.

L’art.3 del decr.lsg.28/10, non predica affatto una generale riservatezza del procedimento.

Piuttosto prevede espressamente che il regolamento (dell’organismo, n.d.r.) deve in ogni caso garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell’articolo 9.

Norma, l’art.9, che immancabilmente riferisce e limita testualmente l’obbligo di riservatezza alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo.

Può pertanto stabilirsi un primo punto fermo: quella della selettività del divieto che riguarda esclusivamente le dichiarazioni e le informazioni che una parte abbia fornito (a chicchessia dei soggetti presenti nel procedimento di mediazione e quindi, per ipotesi, anche al consulente).

E non gli accertamenti del consulente. Tale differenza non è casuale.

Una dichiarazione (e/o informazione fornita a cura) della parte, se considerata spendibile nel processo, potrebbe avere effetti devastanti per la medesima come ad esempio nel caso che abbia contenuto confessorio e ammissivo di circostanze a se sfavorevoli.

E’ appena il caso di ricordare la possibile formidabile rilevanza nella causa delle dichiarazioni di una parte anche se rese in sede diversa da quella

Affatto diversa è l’efficacia dell’accertamento dell’esperto nel corso della mediazione.

Si tratta di un diverso aspetto del problema fin qui affrontato e che attiene alla utilizzazione in giudizio della relazione dell’esperto.

I cui risultati, occorre precisare, sono liberamente e validamente contestabili dalle parti, in ogni contesto (mediazione e processo).

Invero, se come ritenuto, le risultanze della perizia in mediazione sono, in linea di principio, in sede giudiziale ammissibili ed utilizzabili, è ben diverso il valore e l’efficacia delle stesse rispetto a quelle della consulenza tecnica di ufficio.

E ciò in quanto la prima non facente parte degli strumenti apprestati dal codice di rito per l’acquisizione, formazione e valutazione della prova, perché non disposta, controllata e diretta dal giudice, e perché l’esperto in mediazione non è un ausiliario del giudice (per tutti gli effetti connessi e) con la conseguenza che anche le sue possibilità accertative potrebbero in concreto incontrare dei limiti e ostacoli nei rapporti esterni.

Ma il nostro ordinamento conosce ed autorizza le prove atipiche, purché siano rispettati alcuni fondamentali principi dell’ordinamento stesso (e fra questi principalmente quello del contraddittorio).

Ne consegue che il giudice potrà utilizzare tale relazione secondo scienza e coscienza, con prudenza, secondo le circostanze e le prospettazioni, istanze, e rilievi delle parti . Meno frequentemente per fondarvi la sentenza, più spesso per trarne argomenti ed elementi utili di formazione del suo giudizio.

Ovvero, aspetto niente affatto secondario, per costituire il fondamento conoscitivo ed il supporto motivazionale (più o meno espresso) della proposta del giudice ai sensi dell’art.185 bis cpc.

Nel caso di specie il giudice, pur ammettendo la produzione della relazione dell’esperto (stralciata da ogni divagazione rispetto agli accertamenti in senso stretto,) non ritiene di trarne elementi di utilità, neppure fra le parti fra le quali si è validamente svolto l’esperimento di mediazione.

Ed invero il medico specialista (non medico legale) ha con evidenti salti logici e vistose omissioni ricostruttive degli eventi e dei fatti, tratto un sommario quanto apodittico giudizio di responsabilità medica.

Inoltre, invece di rispondere solo come dovuto ed in modo diretto, ai tre appropriati quesiti formulati dalle parti e dal mediatore a verbale del 21.2.2012, l’esperto incaricato si perdeva con irrilevanti e inammissibili divagazioni.

Va pertanto disposta consulenza tecnica di ufficio.

-3-

Si assegnano al CTU nominato i seguenti quesiti:

esaminati gli atti di causa e la documentazione sanitaria allegata, visitata la perizianda, ed esperita ogni altra eventuale indagine clinico-strumentale specialistica, reputata indispensabile, anche avvalendosi di ausiliari, accerti il CTU in relazione alla attività professionale prestata alla parte attrice, considerata la storia pregressa dell’attrice e la patologia di endometriosi del setto retto-vaginale in ordine alla quale la stessa veniva operata dal prof. XXXXXXXXXXXXX

1 ) D i a g n o s i

i) se la formulazione della diagnosi sia stata corretta

ii) in caso di errore di diagnosi specifichi se sia dovuto a

— incompletezza delle indagini cliniche e strumentali

— oggettiva d i f f i c o l t à d i i n t e r p r e t a z i o n e d e i d a t i c l i n i c i e strumentali

— altro

2 . S c e l t a d e l t r a t t a m e n t o ( d e s c r i z i o n e )

i) se il trattamento prescelto poteva ritenersi astrattamente adeguato rispetto al

caso specifico, avuto riguardo alla diagnosi correttamente formulata ed agli interventi comunemente praticati secondo la migliore scienza ed esperienza medico -chirurgica del tempo per il caso in esame;

ii) in relazione al precedente quesito dica:

— se il trattamento prescelto richiedesse una specifica competenza professionale e se questa fosse in possesso del convenuto (esperienza maturata nella esecuzione del trattamento prescelto)

3 . E s e c u z i o n e d e l t r a t t a m e n t o

i) accerti se il trattamento sia stato eseguito in conformità alle metodiche medico- chirurgiche stabilite dalla prassi e dalla scienza applicata ad interventi di questo genere; ii) con particolare riguardo all’avvenuta isterectomia;

iii) in caso di risposta negativa:

specifichi le cause della difettosa esecuzione (in relazione alla: tempestività, regolarità, completezza, compatibilità dei mezzi impiegati, ecc.) – rilevi e descriva eventuali difficoltà (originarie o sopravvenute) nella esecuzione del trattamento indicando se e q u al i ri m e d i s i a n o s ta t i a d o t t a t i ( o v ve r o f o s s e ro i n c onc r e t o adottabili) per il superamento delle stesse;

4. Danno

i) a c c e r t i s e s i a n o r e l i q u a t i p o s t u m i d i v e r s i d a q u e l l i normalmente ricollegabili al trattamento correttamente praticato

ii) in caso affermativo accerti il rapporto causale tra l’operato del medico ed i

postumi

iii) descriva gli eventuali precedenti morbosi del soggetto e la relazione di concorso- consistenza

iv) dica se ed in che misura percentu a le i postumi abbia no ridotto in modo

permanente la complessiva integrità psicofisica del soggetto (idoneità a svolgere le attività esistenziali comuni alla generalità delle persone), precisando il criterio adottato per la determinazione del valore percentuale

v) d e s c r i v a s e p a r a t a m e n t e , o m e t t e n d o o g n i v a l u t a z i o n e p e r c e n t u a l e ,

l ‘ e v e n t u a l e d a n n o a l l a i n t e g r i t à f i s i o g n o m i c a , allegando fotografie

vi) dica se i postumi individuati possano incidere in concreto su p ar t i c o la r i a t t i v i t à n o n la v o ra t i v e c he i l p e ri z i an d o a l le g h i d i svolgere, le quali per frequenza e caratteris tiche intrin seche esulino dalle normali attività esistenziali

vii) dica se ed in che percentuale il periziando possa attenuare od eliminare i postumi con protesi o terapie ad hoc, precisando costo, durata, difficoltà e possibilità di successo di tali interventi

viii) valuti se le spese di cura sostenute dal periziando in conseguenza del danno patito

e se siano state necessarie, utili o superflue

Dà atto che il CTU inizierà le operazioni peritali alle ore del giorno presso il

proprio studio. Acquisisce il giuramento del CTU.

Termine ultimo per la nomina di CTP anche a verbale del CTU.

La relazione peritale sarà trasmessa dal consulente a mezzo fax ovvero e-mail alle parti

entro il

Le parti fino al potranno trasmettere le loro osservazioni al consulente con i stessi mezzi.

Il CTU depositerà la propria relazione in cancelleria con le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione delle stesse, entro il

Concede al CTU un’acconto di €.800,00 più accessori da porsi provvisoriamente a carico dell’attrice.

Autorizza le parti al ritiro dei fascicoli per la consegna al nominato CTU.

a scioglimento della riserva,

P.Q.M.
AMMETTE le prove documentali delle parti come in motivazione specificato;
riservando al prosieguo ogni decisione sulla prova orale;

NOMINA consulente tecnico di ufficio la dott.ssa———- e rinvia per il giuramento
all’udienza del 265.2014 h.10,15.

FARE AVVISI mail o fax anche al consulente tecnico di ufficio nominato.

Roma lì 17.3.2014

Il Giudice dott.cons.Massimo Moriconi

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

L’ art. 185 – bis c.p.c. e la mediazione delegata nella più recente realtà giurisprudenziale.

Il 3 aprile scorso il Tribunale di Roma, sez. XIII, giudice monocratico dott. Massimo Moriconi, ha emanato un’interessante ordinanza, che appare opportuno commentare, sia pur brevemente, in quanto rappresenta un’ulteriore applicazione del nuovo art. 185 – bis c.p.c., in tema di proposta transattiva o conciliativa formulata dal giudice in pendenza della lite.

In particolare, quel che più rileva ai fini di chi opera nel settore della mediazione civile, è la riaffermata cumulabilità dell’istituto processuale di cui sopra con il tentativo di mediazione svoltosi in quanto disposto dal giudice ai sensi dell’art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010.

Nel caso di specie, il tentativo di mediazione era stato introdotto, d’ordine del giudice, dall’attore in proprio e come legale rappresentante della società Y, per la quale il commercialista dott. X (convenuto in giudizio) aveva, per alcuni anni, svolto attività professionali. Nel giudizio era poi stata chiamata la S.p.A. Z (assicurazione).

Disposto dal giudice il tentativo di mediazione ai sensi dell’art. 5, co. 2, D.lgs 28/2010, il procedimento veniva introdotto presso un organismo di mediazione dall’attore, che invitava, ovviamente, sia il convenuto sia l’assicurazione intervenuta.

In detta sede, però, la mancata partecipazione del dott. X induceva quest’ultima, che da parte sua aveva invece aderito al procedimento, a ritenere inutile la prosecuzione del medesimo, che, dunque, è stato dichiarato dal mediatore infruttuosamente esperito e concluso.

Rileva il giudice come, in realtà, “…l’assicurazione avrebbe potuto procedere sostanzialmente nella mediazione al fine di giungere ad un accordo con l’attore, non vertendosi in un ambito di sostanziale litisconsorzio necessario, trattandosi di una domanda di risarcimento dei danni asseritamente causati dalla condotta negligente ed imperita del professionista.In quel caso infatti l’accordo (a due) sarebbe stato, in termini di diritto, perfettamente valido ed efficace fra le parti contraenti (fra le quali fino a quel momento non esisteva alcun rapporto giuridico, non sussistendo in questocaso azione diretta del danneggiato contro l’assicuratore del danneggiante); nonché utile per il danneggiante non comparso in mediazione e conveniente per l’assicuratore comparso e conciliante, sempre che nell’accordo di mediazione fossero state adottate alcune cautele”.

In effetti, il giudice sottolinea come gravi problemi sarebbero potuti successivamente insorgere a carico dell’assicurazione qualora l’attore e la stessa avessero semplicemente stipulato tra loro un accordo amichevole riguardante la mera negoziazione delle somme pretese.

Nell’ordinanza si osserva, in particolare, che “…sarebbe potuto accadere che l’attore avesse, dopo l’accordo in mediazione con l’assicurazione, legittimamente insistito nella causa ed eventualmente ottenuto la condanna del dottore commercialista convenuto al pagamento della differenza fra quanto preteso nella causa e la minor somma percepita dall’assicurazione con la quale aveva raggiunto l’accordo in mediazione.
In questo caso il professionista convenuto, che non aveva partecipato all’accordo di mediazione (che non era pertanto ad egli opponibile), avrebbe potuto, fondatamente, chiedere al giudice di essere garantito e sollevato da qualsiasi onere economico che dovesse incombergli, in virtù della manleva derivante dalla polizza assicurativa”.

Nell’ipotesi prospettata, appare evidente che, ove la domanda dell’attore nei confronti del professionista fosse stata accolta in misura maggiore di quanto stabilito nell’accordo conciliativo, l’assicurazione avrebbe concluso l’accordo medesimo del tutto inutilmente.

Non così, prosegue il Giudice, “…laddove, nell’accordo di mediazione, l’attore della causa (e istante della mediazione) abbia rinunciato a favore del professionista convenuto a qualsiasi pretesa economica ulteriore esorbitante la somma ottenuta dall’assicurazione come da accordo conciliativo. In tale modo tale accordo risulterebbe blindato e l’assicurazione non correrebbe alcun rischio nel giudizio, destinato a sicura cancellazione”.

Ciò posto, l’ordinanza sottolinea come sussistano tutti i presupposti per l’applicazione dell’art. 185 – bis c.p.c., introdotto, come si sa, dalla L. 98/2013, di conversione, con emendamenti, del D.L. 69/2013.

Infatti, la controversia non ha fatto emergere questioni di diritto complesse, e dubbi tali da richiedere analisi approfondite. In effetti, la condizione posta dall’art. 185 – bis, l’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto, “…trova il suo fondamento logico nell’evidente dato comune che è meno arduo pervenire ad un accordo conciliativo o transattivo se il quadro normativo dentro il quale si muovono le richieste, le pretese e le articolazioni argomentative delle parti sia fin dall’inizio sufficientemente stabile, chiaro e in quanto tale prevedibile nell’esito applicativo che il Giudice ne dovrà fare. Anche la natura ed il valore della controversia in un accezione rapportata ai soggetti in causa, sono idonei a propiziare la formulazione di una proposta da parte del Giudice ai sensi della norma citata”.

Posta l’applicabilità dell’art. 185 – bis c.p.c. anche ai giudizi pendenti alla data della sua entrata in vigore, data la sua natura di norma processuale e quindi soggetta al principio tempus regit actum, il Giudice procede alla formulazione della proposta.

Viene infine fissata un’udienza alla quale le parti potranno anche non comparire, ove abbiano ritenuto di accordarsi sulla base della proposta stessa; viceversa, in caso di mancato accordo, potranno in quella sede fissare a verbale quali siano state le rispettive posizioni, anche al fine di consentire la eventuale valutazione giudiziale della loro condotta processuale ai sensi degli artt. 91 e 96, co. 3, c.p.c.

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento